Fabio Pantano

Fabio Pantano

Articolo a cura di Ilaria Monti

Sabato 3 luglio 2021, la mostra dell’Artista Fabio Pantano presso Casale Rappini (Terracina) ha inaugurato il primo appuntamento della rassegna letteraria e culturale “Transizioni”, a cura di Elvio Ceci. Le opere di Pantano, artista poliedrico di Latina, classe 1976, hanno animato gli spazi interni del Casale con i loro personaggi surreali e con forme e scenari fantastici che spesso alludono al paesaggio o a certi ambienti del territorio pontino. 

A caratterizzare la sua produzione, una tecnica estremamente materica e sperimentale, quasi un’ibridazione tra la pittura e la scultura. L’opera di Pantano, infatti, si presta non solo all’osservazione e alla percezione visiva: si tratta di opere che più che guardate vanno “percorse” ed esplorate con la vista e con il tatto, per apprezzarne le qualità materiche e l’attitudine esuberante e ludica, a tratti ironica, grottesca, cinica. Come un flaneûr – termine caro al poeta Baudelaire, con cui indicava un uomo curioso che passeggia tra le vie cittadine – Pantano percorre in lungo e in largo la dimensione urbana e i suoi confini, raccoglie e classifica gli oggetti di quella che lui ama definire una «società d’uso». La ricerca per realizzare le proprie opere è simile a una battuta di caccia in cui l’artista infine recupera i materiali più disparati: plastiche, resine, reti metalliche, ferro e ghisa, tessuti, carte, e altri elementi che vengono modificati e plasmati dall’artista per dar forma a figure sospese tra l’immaginazione e la realtà, successivamente dipinte ad acrilico e smaltate. 

Pantano fa propri materiali prima abbandonati come rifiuti, pezzi e scarti considerati di poco conto, li fa tornare in vita dandogli nuova funzione estetica e lascia che essi guidino o influenzino il momento creativo, pur riservando spazio all’improvvisazione e alla sorpresa: gli elementi, infatti, spesso mutano nel tempo reagendo all’ambiente o semplicemente consumandosi. Il risultato di questi assemblaggi e manipolazioni sono opere tridimensionali, che sfondano i margini delle tavole e delle cornici come a varcare la soglia tra immagine e realtà, e come se avessero vita propria. È ciò che accade in particolare in una delle opere presenti in mostra, Il quadro che si si ribella alla sua forma (2017, vetroresina, smalto e olio su tavola), raffigurante appunto una forma organica, o meglio un vero e proprio organismo nell’atto di farsi forma viva in grado di valicare i confini della bidimensionalità. Il linguaggio artistico di Pantano è dunque estremamente fisico, e non racconta solo l’idea di una metamorfosi e di continuo movimento della materia pittorica, ma anche quella di corpi viventi o vissuti, di uomini e donne reali o fantastici, di folle, vizi, capricci e presagi a volte apocalittici. Apocalittica è la scena rappresentata dall’opera La Guerra dei Monti (1995, olio, smalto e acrilico su tavola), una narrazione dettagliata e fantascientifica che vede protagonisti uomini e robot, entrambi abitanti di monti di cui Pantano mostra uno spaccato in cui si articolano stanze, magazzini, salotti: scene che ricordano la società industriale e allo stesso tempo la società borghese, sull’orlo di una guerra vicinissima. 

Filo conduttore di tutta la sua produzione, l’animata ricerca di una forma instabile e sempre personalissima, frutto dell’incontro e scontro con la realtà circostante, che l’artista si diverte a esasperare, deridere, ribaltare, e che viene continuamente riformulata non solo attraverso l’arte visiva, ma anche attraverso la poesia e la scrittura. Una raccolta di carte accumulate negli anni, conservate con cura nella sua casa-studio, testimoniano un’inventiva fedele alla poetica degli oggetti e del quotidiano. C’è uno scritto di Pantano, L’oggettino trovato, che racconta la storia tragicomica degli oggetti da lui recuperati, che anche questa volta sembrano avere vita propria, chiedendo essi stessi l’intervento dell’artista.

Non siamo soli in questo ambiente, 

voci provengono da secchielli adiacenti:

tagliami, fondimi, inchiodami –

quando quel tizio fruga tra loro:

incollami, légami, verniciami.

Qualcuno qui sa qualcosa?

Costui che ci ha salvato dal ripudio

È Pantano. Un artista vede in noi 

i mattoni espressivi della sua epoca,

la nostra fibra è ancora sana,

la forma interessante e duttile.

Siamo ricordi, momenti, barlumi di un’idea.