Andrea Rega
Presentazione Casale Elvio Ceci
La rassegna di presentazioni dal vivo Transizioni è al secondo anno.
Perché ripetere l’esperienza dell’anno scorso? Questa domanda è rimbalzata da una persona all’altra ed è rimbombata dentro di me per tanto tempo; anche dopo aver detto di “si”, instintivo quasi. Perché rifarlo?
Cercando una soluzione, mi si sono presentati due spiriti (detto à la Cavalcanti), che mi proponevano due teorie. Il primo è Maurizio Ferraris, filosofo della comunicazione contemporaneo, che afferma che esistono continuamente processi di isteresi: l’uomo per sua natura ha sempre capitalizzato e consumato, in vista di una fine (la morte), fino a capitalizzare anche i momenti di vita (qualcuno, da qualche parte dall’altra parte dell’oceano, guadagna tanti soldi con i nostri scatti, le nostre canzoni che ci piacciono, i nostri momenti di vita con gli altri). L’altra è Pasolini che ammetteva la società dei consumi, non la accettava (se non criticamente, affermando che ha mutato antropologicamente la società: infelicità vuota funzionale a consumare, integrazione incosciente e barbarica); eppure credeva che esistevano delle forme di rigetto alla società di consumi: una poesia, per esempio, un libro di poesie; ma direi qualcosa di più, anche i momenti che si decidono di fare perché possiedono un significato. Momenti vissuti con un significato.
In questa contraddizione tra momenti consumati e momenti con significato sono stato per un po’ di tempo convinto che la risposta a “perché ripetere l’esperienza del Casale?”, finché non ho creato una figura quasi geometrica di due poli: da una parte il consumo, dall’altra il significato e ciò che permette il passaggio (la transizione) da un polo all’altro è l’educazione e la cultura.
Si può entrare nel Louvre di Parigi e vedersi tutti i quadri, si possono bere bottiglie di vino a raffica solo per berle oppure avere tantissimi compagni/e quasi accumulando tutti questi momenti (non c’è niente di male); oppure vivere in una città pensando solamente a dove consumare la propria vita. Non dico che sia male. Ma se ci pensate, c’è sempre più solo questo.
La differenza tra vivere una serie di quadri che magari si conoscevano e si è studiati e poi vederli dal vivo, comprendere la qualità di una bottiglia di vino e del perché è formata così, capire che stanno annullando ogni spazio di socializzazione e di cultura (in senso lato) per ristoranti e bar, è che ogni persona ha le proprie debolezze e le proprie forze, emozioni, sogni e che una non vale l’altra. La differenza è culturale, educativa.
Per questo abbiamo deciso di ripetere TRANSIZIONI: per provare a dare dei significati in più a ciò che è intorno a noi. Non siamo solo quello, non siamo solo consumo. E la scelta di iniziare con Affun (AliRibelli, 2019) di Andrea Rega è perché vogliamo proprio ridare un nuovo significato al territorio che ci circonda. Un nuovo sguardo che sa di antico.